di Marco Esposito

#8

Le Tre Costanti, parte 1

Marte

Un lampo di luce illuminò l’atmosfera composta prevalentemente di anidride carbonica del pianeta rosso. Nello stesso momento una nube di polvere di ferro rossa si sollevò in un punto del mondo disabitato, trasformandosi in breve tempo in una grande tempesta, in un muro color ruggine che si contraeva e si espandeva, risucchiando al proprio interno detriti e frammenti di terreno in un caotico uragano scarlatto.

Poi, veloce come era iniziato, il tornado si fermò, facendo rimanere la sabbia sospesa in aria e facendola poi scivolare con calma verso terra, come una dolce e lieve nevicata.

Al centro del punto in cui si era originato il fenomeno atmosferico, apparvero tre luci. Una dorata e brillante, una nera come la pece e l’altra dall’aspetto metallico, quasi opaco, le tre sfere di luce rimasero per un attimo sospese a mezz’aria prima che una ad una iniziassero a mutare aspetto, ad allungarsi e deformarsi, fino ad assumere in breve la consistenza e l’aspetto di tre figure umanoidi.

La prima luce, quella dorata, si contorse fino a prendere l’aspetto di uomo alto e dalla pelle metallica, robusto e muscoloso. Il suo viso umanoide aveva un aspetto mostruoso: aveva due occhi verdi e brillanti sovrastati da un terzo occhio rosso all’altezza della fronte. Una lunga fila di canini sporgeva dalle sue labbra carnose piegate in un sorriso. Al di sopra del suo capo non vi erano capelli ma due corna torte e ricurve, una più grande dell’altra, che non facevano altro che amplificare il suo aspetto minaccioso, in qualche modo mitigato però dall’espressione dolce dei suoi occhi.

La luce nera invece assunse una forma più aggraziata, fine e sottile, che in breve sublimò in una figura femminile. Dalla pelle bianchissima, quasi marmorea, aveva degli occhi intrisi di un liquido nero che palpitava nelle sue orbite ed i capelli erano delle scie sottili di gas scuro che ondeggiava delineando figure complesse in movimenti sempre più rapidi e convulsi. Il suo corpo quasi scheletrico era coperto da delle vesti composte di pure tenebre, che si muovevano coprendo la sua pelle ed avvolgendola come dei serpenti.

La terza luce completò la metamorfosi molto velocemente. Al contrario delle altre, mantenne la consistenza e l’aspetto metallico che possedeva in forma di energia mentre lentamente la figura di una sorta di enorme androide dalle dimensioni colossali, il cui corpo non era neanche completamente umano, fatto da frammenti meccanici in continuo movimento e da lunghi cavi luminosi che sbucavano dalle sue spalle e dalle sue dita, muovendosi come se stessero fiutando l’ambiente.

“Finalmente” disse l’uomo dorato con un sorriso. “Finalmente siamo liberi dalla nostra Prigione Celestiale, fratelli. Finalmente le Tre Costanti Universali sono tornate”.

“Dove siamo, di preciso, Ex Nihilo?” chiese la donna. “Su questo pianeta non c’è nulla da Distruggere”.

“E nulla da Conservare” aggiunse l’androide con voce meccanica.

“Ma c’è molto da Creare, fratelli” replicò lui. “E anche se i nostri ruoli sono differenti, il nostro compito finale è quello di sconvolgere l’ordine attraverso la Distruzione, la Creazione e la Conservazione… questo luogo sarà il luogo perfetto per iniziare. Sarà il nostro Giardino, qui faremo crescere i Semi della Vita”.

“E quelli della Morte” disse la donna.

“Esatto Abisso” rispose Nihilo. “E da qui, quando i nostri poteri saranno di nuovo grandi e potenti, riusciremo a trasmutare questo Universo di nuovo. A partire dalla Terra”.

“La Terra?” chiese Abisso.

“È un pianeta qui vicino” spiegò l’androide con calma. “I Celestiali hanno operato su di esso, molte razze potenti ed entità cosmiche hanno tentato di accelerarne l’evoluzione. È un mondo pieno di Meraviglie”.

“Esatto, Aleph” disse Ex-Nihilo. “E finalmente noi riusciremo nell’impresa più volte fallita… Distruggeremo il pianeta, lo Creeremo dalle sue ceneri e poi lo Conserveremo”.

“Direi che prima dovremmo creare i semi da piantare” suggerì Abisso.

“Stavo proprio per farlo” ghignò Ex Nihilo poco prima di abbassarsi a terra e toccare il terreno rosso, facendo confluire la propria energia in esso, facendolo vibrare e gorgogliare, facendolo tremare e facendo riscuotere le forze del pianeta stesso, che in pochi attimi si ridestò dal suo sonno millenario.

E in pochi secondi il pianeta rosso venne sconvolto dalla vita.

*

“Ciao, Tamara”.

Abigal Brand lanciò un rapido sorriso alla nuova arrivata, che indossava un semplice paio di jeans e una maglietta sgualcita attraverso la quale, all’altezza del cuore, palpitava a ritmo costante una luce azzurra.

La ragazza era seduta sul letto al centro della sua piccola stanza, piuttosto piccola e spartana, che avrebbe fatto sembrare una prigione una reggia. Tra le sue gambe vi era un piccolo computer sul cui schermo si trovava l’immagine di un quotidiano.

“Salve, Abigail” rispose Tamara. “Posso chiamarti Abigail, vero?”.

“Certo, cara” disse la Brand mentre si avvicinava a lei e le si sedeva accanto. “Ma non dirlo ai miei cadetti oppure potrei perdere la mia reputazione di spietata generale”.

“Va bene” disse la ragazza piegando le labbra in un breve accenno di sorriso.

“Vedo che stai tentando di capire cosa è successo negli ultimi anni” notò la Brand indicando lo schermo.

“Sì” mormorò Tamara. “Sono stata in coma per sette anni e sono cambiate moltissime cose in così poco tempo”.

“Lo so” disse Abigail. “Mi dispiace per quello che hai passato, per ciò che è accaduto a tua figlia…”.

La luce al centro del cuore della ragazza divampò per un attimo.

“Non voglio parlare di mia figlia” disse lei con freddezza mentre i suoi occhi iniziavano a brillare.

“Non sono qui per parlare di lei, infatti” replicò Abigail con calma. “Sidren, il capo della Sezione Psichica, mi ha detto che la tua mente è sgombra da influenze esterne e che hanno imposto dei limiti alla Forza Enigma. Ora puoi accedere ad una porzione dei suoi poteri senza perderne il controllo come è successo una settimana fa”.

Tamara non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo verso lo schermo del computer, provando a non pensare a ciò che era accaduto a New Orleans, alle vite che aveva cancellato. Sentì un groppo in gola e per un istante fu certa di stare per crollare ed iniziare a piangere.

“Il tuo predecessore” continuò Abigail. “Il precedente Capitan Universo, era in grado di controllare la Forza e poteva utilizzarla a suo piacimento. Lui non era quello che potremmo considerare un vero e proprio “essere umano”, forse era per questo che poteva controllare così bene la Forza, ma questo non significa che tu un giorno non possa riuscirci”.

“Dove vuoi arrivare, Brand?” chiese Tamara, passando ad un tono più formale.

“Voglio chiederti se vuoi mettere questi nuovi poteri al servizio dello SWORD come ha fatto il tuo precursore. La nostra è un’agenzia che si occupa di minacce aliene, qualcuno con le tue capacità…”.

“Io non ho alcuna capacità” replicò Tamara. “Ho solo una dannata energia aliena che mi scorre dentro. Non ho mai voluto questi poteri, non ho mai voluto essere un supereroe al contrario di voi. Voglio solamente andarmene e ricominciare la mia vita”.

“Non puoi andar via, Tamara” replicò la Brand. “Non dopo quello che è successo a New Orleans. Ora sei sotto controllo ma non sappiamo cosa potrebbe accadere in futuro”.

“Mi vuoi tenere qui per sempre?” domandò la Devoux, furiosa.

“Per il tempo necessario” rispose lei. “Non sarai una prigioniera naturalmente, ciò che chiederai ti sarà dato, ti tratteremo come è giusto che sia. E se vuoi, la mia offerta di unirti alla squadra operativa è sempre valida”.

Gli occhi di Tamara esplosero in una vampata di energia bluastra mentre il computer fra le sue mani vibrava e poi si spegneva, iniziando a rimandare dei fili sottili di fumo.

“Cosa ti dice che puoi costringermi a rimanere qui, Brand?” chiese Tamara alzandosi in piedi e lasciando cadere il computer. L’energia al centro del suo petto sembrava star per bruciare la sua pelle, desiderosa di uscire fuori tanta era la rabbia della ragazza. “Posso usare i miei poteri per uscire in qualsiasi momento”.

“Oh, per favore” ghignò la Brand mentre imitava la ragazza e si alzava in piedi. “Non mi fai paura Tamara. La mia Sezione Psichica tiene sotto controllo la tua mente ed il mio team è già riuscito a fermarti prima. Quindi cara, tieni a freno la tua rabbia: sono felice quanto lo sei tu a tenerti qui”.

La donna voltò le spalle a Tamara, ancora ritta in piedi e fremente di rancore, e poi si allontanò da lei con calma, aprendo con un rapido gesto la spessa porta di metallo dalla quale era entrata nella stanza.

“Pensa alla mia proposta” disse prima che la porta le si richiudesse dietro e la stanza piombasse di nuovo nel silenzio.

Tamara rimase ferma per qualche attimo, ferma nella stessa posizione. Poi le sue ginocchia cedettero e le sue gambe si fecero molli e qualche istante dopo la ragazza si ritrovò a terra, singhiozzando e piangendo lacrime di luce.

*

“Sei davvero sicura di volerlo fare, Capitano?”.

Hyperion e Miss Marvel stavano volando nello spazio, a qualche centinaia di chilometri dalla Vetta, la Base Orbitale dello SWORD, entrambi a proprio agio nel vuoto dello spazio.

“Sì, Hyperion” rispose Carol. “La Sezione Psichica ha esaminato la mia mente l’altro giorno. Hanno detto che Binary è sempre rimasta nascosta da qualche parte dentro di me, richiedeva solo uno stimolo esterno abbastanza forte per poter tornare a galla, e la Forza Enigma è stata abbastanza forte da innescare la trasformazione l’ultima volta. Se voglio riabituarmi a trasformarmi in Binary avrò bisogno di uno stimolo simile”.

“Il Cavaliere Nero non ne sarà contento” disse Hyperion.

“Oh, non preoccuparti per Dane” replicò Carol con un sorriso. “Si è soltanto arrabbiato perché non gli ho detto che avevo la sensazione che Binary potesse tornare. Dagli qualche giorno e gli passerà”.

“Ho fatto un bagno nel sole prima di venire qui” disse Hyperion. “Ho abbastanza energia nei miei occhi per alimentare gli Stati Uniti per un anno, sei certa di voler…?”.

“L’energia di un reattore nucleare è tutto quello che mi serve” lo interruppe la Danver mentre allargava le braccia e gettava la testa all’indietro. “Colpiscimi con tutto quello che hai, Hyperion”.

Senza esitare neanche per un attimo l’uomo annuì ed aprì le palpebre, rilasciando la furia cremisi contenuta all’interno dei suoi occhi.

Lo spazio si tinse di rosso e fiumi di energia pervasero decine di chilometri di vuoto, risplendendo nello sfondo nero ed incanalando tutta la propria potenza verso il corpo immobile della Danvers, le cui cellule, come spugne, incanalarono la potenza distruttiva emanata da Hyperion al proprio interno, dando al corpo della donna una luminescenza dorata e tramutando il suo corpo in un oggetto luminoso quanto una stella.

In breve la pelle di Ms.Marvel si fuse, assumendo l’aspetto e la consistenza del fuoco, e i suoi capelli si tramutarono in scintillanti raggi di energia che diedero al suo capo l’aspetto di un astro.

La donna sorrise ed osservò la sua nuova forma con soddisfazione, mentre si avvicinava fluttuando in una scia di energia verso Hyperion.

“Ti ho già detto che sei bellissima?” chiese l’uomo ammirando la forma di energia di Carol, più maestosa del Sole stesso.

“Sì” rispose lei. “Ma devo ammettere che mi piace sentirmelo dire”.

*

“Bene, reclute” esclamò Dane Whitman. “Benvenuti alla prima fase del vostro addestramento nell’uso delle armi”.

Il Cavaliere Nero, con la Lama d’Ebano ben stretta in mano, si trovava al centro di una grande palestra, le cui pareti erano agghindate con armi di ogni genere, rigorosamente fissate su di essa e divise in diverse tipologie. Davanti all’uomo, con le dita ben salde attorno a dei bastoni, si trovavano Smasher e Manifold, entrambi a metà tra il divertito e il preoccupato nel vedere l’atteggiamento di Dane.

“A che mi serve usare un’arma quando ho i miei poteri?” chiese la ragazza.

“I tuoi poteri dipendono da quegli occhiali, vero?” domandò il Cavaliere.

“Vero” disse Izzy.

“Quindi se in una missione, per qualche ragione, i tuoi occhiali dovessero – che ne so – venire frantumati o rompersi, tu ti troveresti senza poteri, vero?”.

“Sì” mormorò Izzy. “Sarei momentaneamente depotenziata”.

“Ma io no” replicò Manifold. “Sono un mutante, e Gateway, l’uomo che mi ha addestrato, mi ha insegnato a mantenere i miei poteri attivi e focalizzati in ogni momento”.

“E i miei occhiali si rigenerano da soli” aggiunse Smasher.

“Oh, state zitti ed obbedite, ragazzini” sbuffò Dane. “La lezione di oggi sarà semplice: disarmatemi e vi lascerò liberi di fare quello che volete”.

“Tu hai una spada, noi dei bastoni, non mi sembra uno scontro equo” puntualizzò Izzy.

“Questa non è una semplice Spada, Smasher” replicò il Cavaliere Nero. “È la Lama d’Ebano, un artefatto…”.

“È sempre una spada” lo interruppe lei. “Mentre io ho solo un bastone”.

Izzy ha ragione, rendiamo la cosa più equa, signore” disse Eden mentre schioccava le dita. La Lama d’Ebano venne percossa da una scia di energia rossa e in breve sparì dalle mani di Dane, sostituita pochi attimi dopo da uno dei bastoni appesi sulle pareti.

“Bene” disse l’uomo. “Ora possiamo iniziare?”.

“Certo” disse Izzy mentre si concentrava ed ordinava ai suoi occhiali. “Attivate velocità superumana”.

Velocità superumana attivata.

Qualche secondo dopo la ragazza scattò verso Dane, troppo veloce perché occhio umano potesse seguirla, lasciandosi dietro solamente una vaga impronta colorata.

Il Cavaliere Nero, affatto impressionato, si limitò a spostare il proprio bastone in direzione della ragazza, che, incapace di frenare, vi si schiantò contro e ruzzolò via gridando per il dolore dell’impatto.

“Il mio naso…!” esclamò reggendosi la testa e tentando di contenere il sangue che le colava sul volto.

“Ho affrontato dei velocisti in passato, Izzy” disse il Cavaliere Nero. “E se c’è una cosa che ho imparato, è che a quelle velocità si dev’essere molto bravi per muoversi e frenare a brevi distanze”.

“Dannazione, mi hai roddo il naso!” gridò lei senza badare alla spiegazione.

Riparare?, le chiesero gli occhiali sussurrandole nella testa.

“Sì, cerdo, sì!” si affrettò a dire mentre i suoi occhiali procedevano a guarire il naso rotto.

Dane la ignorò e si girò verso Manifold.

“Tocca a te, ragazzo” gli disse con tono di sfida.

Eden non se lo fece ripetere due volte e, in un batter d’occhio, sparì in un lampo di luce e riapparve dietro il Cavaliere Nero, colpendolo all’altezza della schiena e facendolo imprecare per il dolore.

Manifold, senza badare alla reazione dell’uomo, continuò a teleportarsi intorno a lui, sparendo e riapparendo talmente rapidamente da riuscire a colpirlo così tante volte da farlo cadere a terra.

Poi, quando Eden stava per sferrargli un altro colpo, Dane sollevò il bastone e tentò di colpirlo, ma il ragazzo i teleportò via di nuovo. Stavolta però il Cavaliere Nero con un rapido movimento dell’arma riuscì ad anticipare Manifold, colpendolo sulle costole non appena fu riapparso accanto a lui, facendolo cadere a terra.

Dane si alzò in piedi e lasciò a terra il bastone, con un gran sorriso stampato sul volto.

“Sei prevedibile, Eden” commentò mentre si avvicinava alla porta d’ingresso e richiamava la Lama d’Ebano fra le sue mani. “Mettete voi apposto, va bene?”.

Eden sbuffò e lanciò uno sguardo verso il bastone appena lasciato dal Cavaliere, che si smaterializzò per apparire pochi istanti dopo sopra la testa di Dane, colpendolo con forza sul capo e facendolo gridare di dolore.

Izzy ed Eden scoppiarono a ridere.

“Ehi!” esclamò Dane mentre si massaggiava il bernoccolo. “Non stavamo più combattendo!”.

Prima che uno dei due potesse replicare, la porta della palestra si aprì ed entrò un agente dello SWORD, con espressione piuttosto imbarazzata.

“Scusate” disse. “Ma l’Agente Brand mi ha chiesto di riferirvi che siete urgentemente attesi nella Sala Riunioni”.

“Ha detto proprio così?” chiese Dane, sorpreso.

“In effetti” mormorò il giovane, con le guance arrossite. “Mi ha detto di dirti di muovere le chiappe e di non sodomizzare i nuovi arrivati”.

Il Cavaliere ridacchio. “Va bene, dille che stiamo arrivando”.

*

Sala Riunioni.

“Come è andata la sessione d’allenamento, Dane?” chiese Carol al marito, seduto accanto a lei.

“Secondo te?” replicò lui indicando il bernoccolo che aveva in testa e scatenando una risata della donna.

“Non mi dire che ti sei fatto picchiare da quei due?” domandò.

“Sai, Danvers” intervenne la Brand. “Gradirei un po’ di silenzio. E che per una volta ascoltassi ciò che io e Sidren abbiamo da dire”.

La squadra operativa al completo si trovava seduta attorno al grande tavolo della Sala Riunioni, al cui centro orbitava l’ologramma verde di un pianeta.

Davanti a loro, rigorosamente in piedi, vi era Abigail Brand. Al suo fianco si trovava Sidren, il capo della Sezione Psichica. Alieno dall’aspetto equino, il suo corpo umanoide ricoperto di pelliccia era grottesco e a tratti comico rispetto alla testa di cavallo e agli occhi perennemente avvolti da una sottile aura viola.

“Scusa, Brand” disse Carol. “Vai pure avanti”.

“Come ssstavo dicendo” continuò a spiegare Sidren con la sua voce sibilante. “Ieri io e il resto della Sssezione Psssichica abbiamo percepito delle Entità Aliene entrare in questo Sssisstema sssolare, e dopo una rapida indagine siamo riusssciti a trovare la loro dessstinazione”.

“Esatto” continuò la Brand. “La firma energetica di queste entità era stranamente simile a quella dei Celestiali, le entità onnipotenti che amano giocare con le vite di noi poveri mortali”.

“Per nossstra fortuna non sssi tratta di Celessstiali” disse Sidren. “Ma potrebbero avere poteri su ssscala cosmica di potenza pericolosssamente sssimile”.

“E da cosa lo deducete?” chiese Hyperion. “Ho avuto a che fare con i Celestiali della mia dimensione, se fosse qualcuno come loro dovremmo già essere tutti morti. Sono capaci di generare una distruzione illimitata”.

“Oppure posssono generare creazione illimitata” ribatté Sidren.

“Esattamente” confermò la Brand indicando con un gesto l’ologramma del florido pianeta verde che aleggiava sopra il tavolo. “Qualcuno di voi riconosce quel luogo?”.

“Sembra la Terra” disse Izzy.

“Assomiglia anche ad Hala” aggiunse Carol.

“In realtà si tratta di Marte” disse Abigail con un ghigno. “Qualche ora fa sul Pianeta Rosso è esplosa la vita, e proveniva da un punto del pianeta in cui la concentrazione di energia Celestiale era altissima”.

“Non ci credo” disse Dane. “Quello è Marte?!”.

“Proprio così” rispose lei. “E penso che sia piuttosto chiaro perché sto per mandarvi lì ad investigare”.

“L’atmosfera…” provò a chiedere Manifold ma Sidren rispose subito:

“I veggenti della SSSezione hanno percepito un cambiamento nell’atmosssfera del pianeta, ora dovrebbe esssere perfettamente ressspirabile. Cosssì come ci dovrebbe esssere acqua in gran quantità e sssossstanze nutritive nel terreno”.

“Partirete subito” ordinò la Brand. “Ed aspettatevi di tutto, se ci sono di mezzo i Celestiali”.

“Saremo pronti ad affrontarli… Ma Capitan Universo potrebbe essere piuttosto utile” disse Carol alzandosi in piedi assieme ai compagni di squadra.

“Al momento non è un’opzione disponibile, mi spiace” replicò Abigail mentre Manifold sollevava le braccia e creava un tunnel dimensionale di crepitante energia multicolore.

“Buon viaggio” disse Abigail mentre il gruppo entrava nel portale. “E vedete di non farvi ammazzare”.

Pochi attimi dopo il vortice di teletrasporto collassò su sé stesso e si chiuse, lasciando Sidren ed Abigail da soli.

“Ne torneranno sssolamente due” mormorò d’un tratto il sensitivo.

Abigail sospirò. “Me l’hai già detto, Sidren. Spero solo che per una volta tu ti sbagli”.

*

Ex Nihilo era avvolto dalla sua creazione, dal suo Giardino pieno di vita e di nuove splendide creature generate dalla sua forza e dalla sua creatività.

Accanto a lui Abisso ed Aleph se ne stavano immobili, come in trans trance , contemplando il risultato del minimo sforzo del loro fratello.

Ai loro piedi, avvolti in bozzoli di energia, vi erano due grandi oggetti a forma di seme, dall’aspetto cristallino e con incisioni metalliche che li avvolgevano. Uno di essi risplendeva di energia verdognola, l’altro emanava una luce violacea.

“Le condizioni sono cambiate” sentenziò Ex Nihilo dopo qualche attimo. “Siamo riusciti a creare solo due Semi in questo lasso di tempo, quando in passato ne avremmo creati a centinaia”.

“Hai sprecato troppa energia a dar vita a questa sfera di polvere” disse Abisso.

“È la vita su questo mondo che alimenta i due semi, che gli permette di crescere” replicò Nihilo. “Sia il Seme della Vita che quello della Morte drenano l’energia di questo pianeta e della vita imperfetta ed impura che ospita e li traducono in forza cosmica”.

“So come funzionano i Semi” disse Abisso. “Ma per quale motivo non riusciamo a crearne di nuovi?”.

“Perché la fisica e le leggi dell’universo sono cambiate dall’ultima volta che noi due abbiamo camminato liberi” rispose Ex-Nihilo. “Dovremmo accontentarci di questi due, ed aspettare per poterne creare di nuovi”.

“La pazienza non è mai stata una delle mie virtù” sospirò la donna.

“Zitti!” li interruppe Aleph. “Qualcosa sta arrivando… delle meraviglie… sono pronte a destabilizzare l’equilibrio della Conservazione, sono…”.

Un lampo di luce illuminò l’atmosfera rossastra del pianeta, e direttamente sopra le Tre Costanti si aprì un grande portale, dal quale sbucò fuori la squadra operativa dello SWORD.

“Identificatevi!” esclamò Ms.Marvel facendo brillare i pugni di energia.

Mmm… ora ci divertiremo” ghignò Ex-Nihilo mentre l’intero pianeta tremava assecondando la sua volontà.